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Archeologia

Dalla Protostoria al Medioevo

Pozzuolo del Friuli si trova quasi al centro dell’alta pianura friulana, sulla sinistra del Cormor, un corso d’acqua oggi modesto che scorre incassato tra ghiaie e limi alluvionali. In questa zona come in tutta l’alta pianura si sono riconosciuti due distinti “livelli fluvio-glaciali” riferibili alle ultime due glaciazioni (dette di Riss e di Würm). Il livello rissiano, più profondo e più antico, si è sollevato in seguito a movimenti tettonici di assestamento di età mio-cenica ed ha formato i terrazzi di Pozzuolo, Carpeneto e Orgnano; esso è composto da uno strato superficiale detto “ferretto”, costituito da argille variegate di color bruno-rossiccio inglobanti ciottoli per lo più quarzoso-arenacei; sotto il “ferretto” si trova ghiaia tenacemente cementata nei livelli superiori, sciolta in profondità.
Il Cormor, che conserva un nome preromano di difficile interpretazione, costituiva nella protostoria una via d’acqua verosimilmente navigabile e una preziosa fonte di approvvigionamento idrico, pertanto questa zona della pianura era particolarmente favorevole all’insedia-mento umano, essendo adatta all’agricoltura e all’allevamento, che vi veniva svolto in forme abbastanza progredite, ma anche boscosa e ricca di selvaggina (come dimostrano i numerosi resti di animali selvatici, soprattutto cervi, raccolti negli scavi).
Pozzuolo era noto da tempo come sede di due “castellieri”: il termine, come è noto, designa insediamenti, per lo più su altura, abitati nella tarda età preistorica e circondati da cinte di fortificazione, che nel medio e basso Friuli erano costituite da argini di terra e ciottoli e in origine erano completate da palizzate lignee.

A partire dal 1979 una serie di campagne di scavi e di ricognizioni condotte dall’Università di Trieste, poi affiancata dalla Soprintendenza Archeologica del Friuli-Venezia Giulia e dall’École Française di Roma, ha portato in luce sporadiche tracce di una frequentazione molto antica, risalente al periodo eneolitico (ossia agli ultimi secoli del III millennio a.C.), ma soprattutto ha rivelato l’esistenza di un articolato complesso abitativo di epoca protostorica - uno dei più importanti e allo stato attuale forse il meglio conosciuto del Friuli preromano - che prosperò, con alterne vicende, dall’età del bronzo recente (XIII sec.a. C.) all’evoluta età del ferro (V sec.a.C.), e fu poi frequentato nuovamente in epoca romana (dal II-I sec.a.C. fino al IV d.C.) e nell’alto medioevo.

I molti rimaneggiamenti, spianamenti e spostamenti di terra subìti in tutte le epoche da ampia parte del circondario del paese moderno, in larga misura dovuti ad esigenze agricole, hanno modificato profondamente il paesaggio e hanno spesso intaccato i livelli archeologici in maniera radicale; tuttavia i lineamenti fondamentali del complesso antico sono ancora ben riconoscibili: sull’altura principale, detta dei Cjastiei, sono ben visibili ampi tratti del terrapieno che racchiude i livelli archeologici del villaggio antico nelle sue varie fasi.
Nel corso dell’età del ferro l’abitato si estese anche sul terrazzo sito a sud-ovest, denominato Campo Cùppari, e nello stesso periodo fu usata anche la piccola altura adiacente, nota come la Culine, che risulta pure difesa da un terrapieno e conserva tracce di frequentazione (allo stato attuale delle ricerche si può supporre che qui lo spazio entro l’aggere fosse destinato ad orti e a recinti per animali).
In località Braida Roggia, a nord-ovest dei Cjastiei sulla riva destra del Cormor, gli scavi hanno individuato un’area complementare all’abitato della tarda età del bronzo, che presumibilmente sorgeva già sull’altura. Mentre non conosciamo le tombe della fase più antica, sugli usi funerari dell’età del ferro siamo ben informati grazie alle ricerche di scavo condotte in una zona pianeggiante detta Braida dell’Istituto, a sud-ovest del castelliere principale, e in parte anche grazie ai materiali recuperati in superficie in due aree di pianura site a nord-est del complesso abitativo protostorico; una quarta area sepolcrale in località Braida Roggia è indiziata dal ritrovamento, per ora isolato, di una tomba a cremazione del VII sec.a.C.

 

Dopo una fase di recessione durata tre o quattro secoli (dal V al II-I sec.a.C.) le cui cause sono ancora in parte oscure, la spianata dei Cjastiei e le zone pianeggianti site a sud e a ovest dell’altura risultano di nuovo frequentate abbastanza estesamente, anche se la Pozzuolo di età romana è senza dubbio un centro minore, che deve la sua modesta floridezza al fatto di essere collegato con una via secondaria sia pure non del tutto priva d’importanza. Verso la metà del I sec.d.C., nell’ambito di una grande riforma fondiaria che interessò anche le nostre zone, le alture e gran parte dei terreni circostanti furono adibiti ad uso essenzialmente agricolo.
Molto frammentarie e di difficile datazione sono le tracce relative alla fase post-romana: i resti più consistenti finora emersi consistono in alcune tombe di inumati (nelle località di Cùppari e di Brede) e da una piccola costruzione di ciottoli e cotto romano riadoperato che sorgeva sui Cjastiei, forse una piccola torre di avvistamento posta a guardia del sottostante guado del Cormor, che potremmo immaginare completata da altre torrette simili dislocate ai margini dell’altura (da queste forse nell’alto medioevo il luogo ricevette il nome di Cjastiei, al plurale).
Il paese medievale, su cui insiste quello attuale, si sviluppò nell’area pianeggiante sita a sud-est delle alture, accanto alla chiesa parrocchiale la cui origine molto antica è stata recentemente confermata da indagini di scavo.

 

Fonte: Ministero per i beni culturali e ambientali
Soprintendenza archeologica e per i beni architettonici artistici ambientali e storici del Friuli Venezia Giulia
Itinerari della preistoria

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