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L'insediamento antico sui Cjastiei

  I primi saggi di scavo a Pozzuolo, organizzati dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Trieste, furono condotti nel 1979, in una zona di pianura sita sulla sponda ovest del torrente Cormor (località Braida Roggia, area A), non lontana dai due castellieri a terrapieno noti come “i Cjastiei” e “la Culine”. L’indagine mise in luce vari livelli ricchi di ceramica e di resti di pasto costituiti da ossa di bovini, maiali e caprovini, pertinenti ad un’area soggetta alle piene del corso d’acqua che era stata usata dal Bronzo Recente al Finale (ca. XIII-X sec.a.C.): qui, al riparo di tettoie sorrette da pali (documentati da numerose buche rinzeppate da ciottoloni), si svolgevano attività produttive secondarie, legate alla preparazione del cibo. Nell’inoltrato X sec.a.C., dopo una rovinosa inondazione che diffuse in tutta l’area una coltre di ghiaia, il sito fu abbandonato; solo alquanto più tardi ampi tratti della piana attraversata dal Cormor furono usati per seppellire.
A partire dal 1980 le indagini furono estese a varie altre zone del circodario. Sull’altura dei Cjastiei (area E), a nord-ovest del paese attuale, nel periodo più antico (età del bronzo recente) la frequenta-zione è documentata finora solo da frammenti ceramici senza resti di case o di altre strutture connesse; tuttavia appare verosimile che fin da quell’epoca (per la quale la documentazione più cospicua proviene da Braida Roggia) l’abitato vero e proprio si trovasse sull’altura.A partire dal 1979 una serie di campagne di scavi e di ricognizioni condotte dall’Università di Trieste, poi affiancata dalla Soprintendenza Archeologica del Friuli-Venezia Giulia e dall’École Française di Roma, ha portato in luce sporadiche tracce di una frequentazione molto antica, risalente al periodo eneolitico (ossia agli ultimi secoli del III millennio a.C.), ma soprattutto ha rivelato l’esistenza di un articolato complesso abitativo di epoca protostorica - uno dei più importanti e allo stato attuale forse il meglio conosciuto del Friuli preromano - che prosperò, con alterne vicende, dall’età del bronzo recente (XIII sec.a. C.) all’evoluta età del ferro (V sec.a.C.), e fu poi frequentato nuovamente in epoca romana (dal II-I sec.a.C. fino al IV d.C.) e nell’alto medioevo.

Qui, nel settore nord della spianata, sono stati individuati un piano d’attività spalmato di argilla scottata che sorreggeva vasi da cucina, un acciottolato usato come sottofondo di pavimento, buche per pali e frammenti di malta d’argilla usata per battuti pavimentali e rivestimento di pareti: questi resti sono riferibili ad abitazioni in uso tra l’età del bronzo finale e l’iniziale età del ferro (dalla fine del XII al IX sec.a.C.).
Tra i resti databili nell’epoca successiva (VII-VI sec.) vi sono alcune grandi buche rettangolari che nel corso degli anni ebbero molteplici utilizzazioni, almeno in parte di tipo produttivo; di esse una sola è stata interamente scavata.

Il villaggio, dapprima non provvisto di difese artificiali, nel IX secolo ricevette una massiccia fortificazione a terrapieno, che fu poi più volte rimaneggiata: il nucleo più antico di questo struttura è costituito da un particolare tipo di terreno argilloso (il cosiddetto “ferretto”), ricavato da fossati scavati all’interno del ripiano.
Uno di questi fossati è stato individuato nel settore sud dei Cjastiei, anch’esso indagato nei primi anni ‘80: lo scavo delle falde che lo riempivano, accumulatesi nel corso dei secoli fino a colmarlo completamente in età romana, ha dato una considerevole quantità di manufatti e di informazioni, che in parte compensano il fatto che i vicini livelli d’abitato siano stati in massima parte cancellati dalle più tarde vicende del sito e dai lavori agricoli.

Durante l’età del ferro la sponda di questo fossato fu più volte consolidata mediante un complesso sistema di pali e ciottoloni per evitare che i contigui piani di attività e i pavimenti delle case, impostati su terreni limosi, franassero per le infiltrazioni di acqua piovana e finissero all’interno della depressione (il che però ogni tanto si verificava ugualmente). In questa zona la vita durò dal IX al VI-V sec.a.C, come ci dimostrano gli abbondanti materiali recuperati. Per i primi due secoli (IX-VIII) il ritrovamento di residui di fusione, oggetti di bronzo talora non finiti (piccoli attrezzi, coltelli, spilloni, ecc.), alcune matrici di pietra e una quantità di corna grezze o in corso di lavorazione (di bue, capra e soprattutto cervo) dimostra l’esistenza di officine metallurgiche affiancate a laboratori in cui si producevano manufatti di corno o, più raramente, di osso, che spesso servivano a completare gli attrezzi metallici (per esempio impugnature di coltelli).

I frammenti ceramici, raccolti in gran quantità, insieme a resti di pasto costituiti da ossa di animali domestici e ad accessori destinati ad attività casalinghe come la tessitura e la filatura (fusaiole e ciambellette di terracotta), attestano la presenza di abitazioni accanto agl’impianti artigianali.

Nel corso dell’VIII secolo a.C. questa fase di considerevole sviluppo terminò con un esteso incendio, le cui tracce, ancora una volta, non sono state individuate in posto ma in giacitura secondaria dentro al fossato. Subito dopo la sponda fu ricostruita e consolidata e la vita presso il fossato riprese, però cessarono in questo settore dell’abitato le attività produttive, evidentemente trasferite altrove.
Più tardi (tra VII e VI sec.a.C.) la fortificazione fu potenziata sul versante interno da una spessa falda di terreno limoso e il villaggio venne ampiamente rimaneggiato. Questa nuova fase di sviluppo è contrassegnata da una notevole espansione delle strutture abitative e produttive, non solo all’interno delle difese ma anche all’esterno, sul terrazzo situato a sud-ovest dei Cjastiei, denominato Campo Cùppari (area D), dove sono stati indagati i fondi di dieci fosse quadrangolari, simili a quelle individuate nel settore nord del ripiano fortificato, da cui provengono numerosi recipienti in ceramica.

Dopo un lungo periodo di crisi economica e demografica durato dal V al II-I sec.a.C., nell’epoca dell’avvento dei Romani il ripiano dei Cjastiei fu radicalmente ristrutturato, livellato e adibito ad insediamento rustico, una specie di fattoria fornita di magazzini per derrate. Successivamente (tra il I sec.a.C. e il I d.C.) l’area venne nuovamente ripianata con le macerie delle costruzioni di età romana e destinata a fini agricoli. Più tardi, in epoca tardoromana o altome-dievale, sul margine settentrionale della fortificazione protostorica sorse una piccola costruzione con muri fatti di ciottoli e frammenti di tegole romane cementati da malta biancastra, che era verosimilmente completata in elevato da una struttura lignea: l’edificio, addossato per tre quarti al terrapieno e aperto verso nord, era forse posto a guardia del sottostante guado del Cormor.
Il terrazzo di Cùppari venne invece adibito in età altomedievale ad area sepolcrale.

Fonte: Ministero per i beni culturali e ambientali
Soprintendenza archeologica e per i beni architettonici artistici ambientali e storici del Friuli Venezia Giulia
Itinerari della preistoria

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